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lunedì 28 luglio 2014

Il referendum sul divorzio 1974 - portata culturale

tratto da qui, sito di Cultura Cattolica.



Oggi 12 Maggio, nel 1974 si vota l'abrogazione della legge Fortuna-Baslini sul divorzio: vincono i NO con il 59,3% (l'affluenza sfiora l'88%). La legge resta in vigore.
Una riflessione sul significato per il mondo cattolico può essere fatta a partire dalle seguenti osservazioni di Marco Invernizzi su "il Timone", n. 30, Febbraio 2004

Divorzio: trent’anni fa il referendum di Marco Invernizzi
Storia di un referendum che voleva salvare il matrimonio, fondamento della società. Il tradimento di buona parte anche della DC e di quei cattolici che non compresero che non si trattava di una questione confessionale.
Alla fine del 1987, Gabrio Lombardi decide di pubblicare alcune osservazioni su un avvenimento che lo aveva visto protagonista alcuni anni prima, in occasione del referendum abrogativo della legge divorzista, svoltosi il 12 maggio 1974: nascono così un articolo pubblicato sulla rivista Studi cattolici, poi un libro un po’ più ampio. Docente di materie romanistiche in diverse università italiane, presidente del Movimento Laureati Cattolici dal 1964 al 1970, Gabrio Lombardi era stato un protagonista della vicenda, guidando il Comitato per l’abrogazione della legge divorzista, che avrebbe raccolto, nel giugno 1971, oltre un milione di firme. Il 1° dicembre 1970, il giornale-radio dava notizia dell’avvenuta approvazione alla Camera dei deputati, nel corso della notte, della legge divorzista (Fortuna-Baslini, dal nome dei due primi deputati firmatari), ma anche dell’Appello agli italiani da parte di 25 personalità del mondo cattolico, e non solo, nel quale si annunciava la volontà d’indire un referendum abrogativo della legge. L’appello era firmato dai docenti Sergio Cotta, Augusto Del Noce, Gabrio Lombardi, Carlo Felice Manara, Enrico Medi, Alberto Trabucchi, e ancora da Giangualberto Archi, Giuseppe Auletta, Felice Battaglia, Carlo Bozzi, Antonio Ciampi, Lia Codacci Pisanelli, Serio Galeotti, Filippo Gallo, Giorgio La Pira, Franco Ligi, Lina Merlin, Bernardo Maerlo, Giambattista Migliori, Giuseppe Olivero, Marcello Rodinò, Francesco Santoro Passarelli, Libera Santucci, Ignazio Scotto, Egidio Tosato. Preceduta dalla deposizione di una richiesta di referendum promossa da alcuni giovani dell’associazione Alleanza Cattolica, - che poi porteranno un contributo di 50mila firme alla raccolta - il Comitato di Lombardi finalmente partì nella primavera del 1971, raccogliendo 1.370.134 firme che vennero depositate presso la Corte di Cassazione di Roma il 19 giugno 1971. 
Il referendum si svolgerà soltanto nel 1974, perché dava fastidio. Anzitutto, non era capito nelle sue motivazioni profonde da molti cattolici, che ancora oggi non riescono a comprendere il concetto d’indissolubilità secondo il diritto naturale, l’unica motivazione che permette di giustificare la battaglia affinché le leggi dello Stato promuovano e difendano l’indissolubilità matrimoniale. Se non fosse stato così, avrebbero avuto ragione i fautori della legge divorzista ad accusare i cattolici di voler obbligare anche i non credenti a un atteggiamento che derivava dalla fede, e quindi in sostanza a un’imposizione di quest’ultima. Il fatto che non si sia riusciti a far "passare" questo punto di dottrina dimostra la crisi culturale e morale che aveva già allora investito il mondo cattolico e sulla quale interverrà la Conferenza episcopale italiana il 10 ottobre 1974. Con questi presupposti era difficilissimo vincere il referendum, che peraltro sfociò, nel corso della campagna elettorale, in una contrapposizione muro contro muro fra cattolici (non tutti) da una parte e le diverse famiglie ideologiche del laicismo dall’altra parte. 
La rivoluzione sessuale 
La posta in gioco era altissima: come aveva detto il filosofo cattolico Augusto Del Noce nel corso di un’assemblea svoltasi nell’ambito dell’importante associazione di Bologna il Mulino (un "pensatoio" composto da liberali e cattolici), il divorzio era una tappa dell’aggressione al matrimonio e alla famiglia intesi come fondamenti stabili della società civile, alla quale sarebbe seguita la legalizzazione dell’aborto e di quanto potesse contribuire a scalfire l’assetto della società italiana. Per Del Noce, in sostanza, ci si trovava di fronte a una rivoluzione sessuale, della quale forniva le prime indicazioni che successivamente sarebbero state riprese in alcuni articoli di Massimo Introvigne e che purtroppo sarebbero diventate una realtà storica e culturale dell’Italia odierna. 
 Una battaglia di civiltà 
Si ripeteva così, per la seconda volta dopo il 1945, uno scontro di civiltà che divideva l’Italia, come era accaduto il 18 aprile 1948. Anche di fronte all’introduzione della legge sul divorzio, non si sarebbe verificata una competizione elettorale fra partiti pur portatori di visioni ideologiche diverse e alternative, ma si sarebbe dovuto scegliere fra diversi tipi di civiltà. Il 18 aprile l’alternativa era fra la libertà del sistema occidentale e il totalitarismo comunista, negli anni 1970 si doveva decidere se questa libertà potesse essere usata contro la verità sul matrimonio, anticipando il nodo più drammatico che, dal punto di vista dottrinale, accompagna la storia della modernità, cioè il rapporto fra libertà e verità. Nonostante lo sforzo del Comitato di Lombardi di mantenere lo scontro sul piano civile, la contrapposizione divenne politica e religiosa e penetrò anche all’interno del mondo cattolico. La Democrazia Cristiana, nel suo insieme, non voleva il referendum, che avrebbe diviso le forze politiche, allontanato fra loro i partiti al governo e reso più difficile il rapporto col partito comunista, che negli anni successivi sarebbe sfociato nel compromesso storico; soprattutto, la DC temeva di trovarsi di fatto alleata con i partiti di destra, in un clima politico, quello degli anni 1970, che vedeva un’aggressiva campagna condotta soprattutto dai gruppi della sinistra extra-parlamentare per impedire ogni forma di agibilità politica alle forze anticomuniste. 
Come sarà in occasione dell’approvazione della legge 194 sull’aborto, firmata da ministri tutti democristiani e da un presidente della Repubblica anch’egli democristiano, gli uomini della DC avevano paura di contrapporsi alla legge divorzista per timore di vedere incrinarsi le alleanze di governo. Il desiderio di rimanere al potere a qualsiasi costo, in ultima analisi, fece prendere le decisioni. Non tutti forse, non Guido Gonella, per esempio, che, dieci giorni dopo lo svolgimento del referendum, come ricorda Lombardi, denuncerà proprio questo atteggiamento: avremmo dovuto – scriveva allora - "sacrificare anche i Governi, pur di impedire l’approvazione della legge Fortuna. E questo è stato un errore imperdonabile". Se la DC aveva paura di perdere il controllo del potere, altri gruppi e singoli cattolici si opposero al referendum, non firmando prima la richiesta di referendum e poi operando pubblicamente perché la legge rimanesse in vigore. Vi saranno i cattolici democratici, che predisposero un appello contrario all’abrogazione della legge (Francesco Traniello, Sabino Samuele Acquaviva, Franco Bassanini, Paolo Prodi, Tiziano Treu, Giuseppe Alberigo, Pietro Scoppola, Paolo Brezzi, Pierre Carniti, Nuccio Fava, Raniero La Valle, Mario Pastore, Luigi Pedrazzi, Pasquale Saraceno, Giancarlo Zizola, Guglielmo Zucconi, Adriana Zarri e altri). Ma saranno soprattutto il rettore dell’Università Cattolica, Giuseppe Lazzati, e il piccolo fratello della congregazione fondata da Charles de Foucauld, Carlo Carretto, ad assumersi la responsabilità di posizioni pubbliche che ferirono profondamente l’unità dei cattolici di fronte al problema del divorzio. Carretto scriveva sul quotidiano La Stampa del 7 maggio 1974 un articolo (che sembra venisse riprodotto dal PCI in un milione di copie) nel quale testualmente affermava: "Voto no …E Tu, Signore, per chi voti? Mi par di saperlo dalla pace che sento dentro di me". Poi Carretto ritratterà pubblicamente, anche se in maniera ambigua, da come si deduce leggendo l’intervento contenuto nella sua autobiografia (Cittadella editrice, 1992, pp. 337-340), il 3 aprile, giovedì santo del 1975, nella cattedrale di Foligno, davanti al vescovo mons. Siro Silvestri, ma intanto il danno, indubbiamente elevato, era stato prodotto. 
Lazzati era contrario al referendum, anche se a dire di mons. Piero Zerbi, voterà a favore dell’abrogazione, il 12 maggio 1974. In una lettera a papa Paolo VI, riprodotta da Lombardi, emerge la sua incomprensione del carattere naturale e civile del problema del divorzio, come era stato per Carretto, e quindi la sua avversione al referendum. Ma il peggio si verificherà quando, durante la campagna referendaria, nella "sua" università, sostanzialmente non permetterà al professor Sergio Cotta di tenere una conferenza contro il divorzio, a causa della presenza di numerosi esponenti della sinistra extra-parlamentare, verosimilmente malintenzionati. L’episodio non ha suscitato un adeguato scalpore, anche se ogni tanto ritorna alle cronache: certamente, il fatto che in Università Cattolica sia esistita soltanto una campagna referendaria a favore del divorzio conferma l’analisi preoccupata della situazione ecclesiale fatta dalla CEI all’indomani della consultazione. Come avevano previsto i promotori del referendum, la ferita inferta al corpo legislativo ha prodotto una graduale erosione dell’istituto matrimoniale che, oggi, fuor di metafora, non costituisce più l’approdo normale e unico della vita di una coppia. Oggi si divorzia sempre più frequentemente, ci si sposa di meno, si introduce lentamente la possibilità legale di unioni omosessuali. Il matrimonio è diventata un’opzione fra altre. 
Non si tratta di scandalizzarsi e di riaprire una ferita, soprattutto interna al mondo cattolico. Bisogna semplicemente ricordare, perché quei "maestri" continuamente riproposti all’ammirazione dei fedeli vengano un poco ridimensionati a favore di chi ritenne il referendum come un dovere di testimonianza civile, a vantaggio del bene comune dell’Italia, in difesa di una civiltà oggi non più visibile. Ricordare per ricominciare a seminare, con il Vangelo, quella verità sull’uomo che prevede, in natura, il matrimonio "per sempre". 

Bibliografia 
Gabrio Lombardi, Perché il referendum sul divorzio? 1974 e dopo, Ares 1988. Massimo Introvigne, Metafisica dell’amore e Rivoluzione sessuale, in Cristianità, n. 71, marzo 1981; Socialismo e rivoluzione sessuale, in Cristianità, n. 97, maggio 1983.Marco Invernizzi, Appunti sulla storia e sul "progetto" dei "cattolici democratici", in Cristianità, n. 156-157, aprile-maggio 1988.


Le ragioni della crisi secondo la Cei 
«[...] Correnti di pensiero prevalentemente dominate dalla ideologia marxista e tutte permeate da una antropologia unidimensionale. «Perdita di incidenza, in Italia, del pensiero cattolico; le strutture della cultura sono passate in altre mani». «Una scarsa e disorganica assimilazione del Concilio, con false sperimentazioni e interpretazioni; con lentezza e ritardi da una parte; con precipitazioni spregiudicate dall’altra». In questo contesto è stato affrontato il referendum contro il divorzio che, dice sempre la CEI, ha soltanto «evidenziato i mali della Chiesa in Italia e li ha esasperati», mostrando «un declino e un sottosviluppo della coscienza cristiana, che non ha saputo reagire al laicismo e al secolarismo, in stridente contrasto con lo stesso Vaticano II, che impegna il cristiano a portare nell’ordinamento della città terrena lo spirito del Vangelo, secondo l’insegnamento della Chiesa» [In Enchiridion della Conferenza Episcopale Italiana, vol. 2 (1973-1979), EDB 1985, p. 545].

Per la famiglia, contro il divorzio. 1970.

Trascriviamo il discorso di S. E. Rev. ma mons. Luigi M. Carli, Vescovo di Segni, oggi arcivescovo di Gaeta, già comparso sul Bollettino diocesano di Segni, 1970, pp. 74-79, da Lettere pastorali 1970-1971, Editrice Magistero Episcopale, Verona 1972, coll. 1763-1768; e l’Appello ai cattolici italiani da Relazioni, Roma, ottobre-dicembre 1972, n. 10-12, pp. 3-4.
 
PER LA FAMIGLIA CONTRO IL DIVORZIO
DOPO L’INTRODUZIONE DEL DIVORZIO IN ITALIA
La festa della protettrice di Colleferro, s. Barbara, offre ogni anno al vescovo l’opportunità di illustrare qualcuno dei problemi che interessano la vita religiosa della comunità locale o nazionale. Quest’anno la materia del discorso non solo non manca, ma è purtroppo obbligante. L’introduzione del divorzio nella legislazione civile italiana è un avvenimento tanto grave, in sé stesso e per le conseguenze che provocherà infallibilmente nel costume morale della nazione, che passarlo sotto silenzio sarebbe una colpa imperdonabile.
Considererò l’avvenimento sotto tre punti di vista: come cittadino, come cattolico, come vescovo.
 
1. IL CITTADINO
Come cittadino italiano mi sento triste per la legge in sé stessa e per il modo come a essa si è giunti.
I parlamentari divorzisti hanno preteso di procurare un gran bene alla nazione, tanto grande da dover farlo precedere a ogni altra riforma e da dovervi consumare giorni e notti in aula. In realtà le hanno procurato un gran male. Al popolo che chiedeva a gran voce giustizia sociale, pulizia morale in alto e in basso, case, scuole, ospedali, lavoro, essi - senza che ne fossero minimamente richiesti - hanno regalato una legge divorzista che è, per giunta, una delle peggiori finora esistente nel mondo. Con questa legge, infatti, si incoraggia la leggerezza nel contrarre matrimonio; si legittima e si premia l’infedeltà coniugale; si lasciano, invece, indifese le vittime innocenti dell’egoismo e della passione, la moglie e i figli. In una parola, la saldezza e sanità della famiglia italiana - uno dei pochi beni che ancora ci rimaneva - è stato miseramente dilapidato dai nostri legislatori.
I divorzisti hanno presentato la nuova legge come una conquista di civiltà e di progresso, come un’affermazione di libertà personale. Parole vuote, anche se speciose per i semplici! È puerile credere o far credere che l’Italia sia passata dalla barbarie alla civiltà soltanto in data 1º dicembre 1970, alle ore cinque del mattino, per quei pochi voti di scarto con cui il provvedimento è stato varato. La vera civiltà si misura su ben altro metro che sulla facoltà giuridica di divorziare! Il vero progresso si costruisce con ben altro materiale che con la legalizzazione del matrimonio a tempo determinato! Non alla vera libertà della persona umana si è spalancata la porta, bensì al libertinaggio! Ce ne accorgeremo ben presto. È successo già altrove che i primi a piangere in casa propria sulle conseguenze del divorzio siano stati gli stessi legislatori che lo avevano approvato!
E a proposito del come si è giunti alla legge, debbo aggiungere che "il modo ancor mi offende!" (1). Da parte dei parlamentari divorzisti nessun serio approfondimento del problema; nessun esame critico delle ragioni altrui (bene spesso gli antidivorzisti hanno parlato in un’aula deserta!); nessuna onesta valutazione delle conseguenze già esperimentate nei paesi divorzisti, dove, statistiche alla mano, risulta nel modo più lampante che il divorzio non uno solo dei mali cui ci si illudeva di ovviare ha guarito, ma molti altri nuovi ne ha procurati.
Insomma, non la ragione ha prevalso, ma il puntiglio politico, la forza bruta del numero e la suggestione del rispetto umano. Al Senato sarebbe bastata la presenza in aula di tutti gli antidivorzisti, al momento della votazione segreta, perché la legge non passasse. Il che significa che al Senato i divorzisti sono stati moralmente battuti nell’unico momento in cui ha funzionato la coscienza personale dei singoli senatori, al di sopra degli ordini di scuderia dei partiti. Ma purtroppo, una volta imposta dai partiti divorzisti, e supinamente accettata dagli altri, la votazione pubblica, il rispetto umano ha avuto il sopravvento, aiutato in extremis da taluni risibili emendamenti che nulla toglievano alla legge della sua intrinseca brutalità. E così, certi partiti che si strombazzano come i paladini della libertà di coscienza, l’hanno tolta ai loro parlamentari e, pur di raggiungere l’intento del divorzio, hanno preferito farne dei robots che pensano in una maniera e votano nell’opposta!
Non mi soffermo sui disonesti silenzi circa il divorzio durante le campagne elettorali, per non spaventare i propri simpatizzanti. Non voglio ricordare le affermazioni fatte pochi anni or sono da noti uomini politici, e oggi rimangiate allegramente. Voglio invece sottolineare, come indice di malcostume, le ibride alleanze che hanno partorito il divorzio. Non vengano i liberali a parlare di repubblica conciliare o di anticomunismo, essi che si sono legati in connubio coi comunisti per realizzare la repubblica divorzista, e hanno consentito che la legge sul divorzio passi alla storia con l’etichetta di un binomio liberal-marxista! E i marxisti di tutte le tinte non vengano a cianciare di anticapitalismo, essi che non hanno disdegnato, per il divorzio, i voti determinanti dei capitalisti! Coerenza e lealtà diventano merce sempre più rara sul mercato della vita politica!
Ai primi che, occorrendo, sanno appellarsi alle ragioni per cui essi "non possono non dirsi cristiani"; ai secondi che, quando gli fa comodo, salutano in Cristo "il primo socialista del mondo", io pongo una semplice domanda: Come la mettete adesso col Cristo del Vangelo, il quale ha detto: " L’uomo non separi quel che Dio ha congiunto ... Chiunque rimanda la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio in rapporto alla prima: e se una donna rimanda il proprio marito e ne sposa un altro, commette adulterio"? (2). Ve la sentite di accusare il Cristo del Vangelo come uno che, con l’indissolubilità coniugale, avrebbe comandato una cosa incivile e barbara, contraria al vero progresso del popolo?
 
2. IL CATTOLICO
Come cattolico, l’introduzione del divorzio in Italia mi addolora, anzitutto, per l’offesa pubblica recata a Dio e alla santissima legge, e poi per tutto quanto di ulteriore sfaldamento morale fatalmente ne seguirà.
Si è voluto umiliare la Chiesa cattolica nella sua dottrina e nella benefica funzione che essa, lo si voglia o no, ha esercitato nella storia del popolo italiano. Da tempo, si può dire da anni, il laicismo e la massoneria, che lo ispira, attendevano la fatidica occasione. L’hanno finalmente trovata nel primo centenario della presa di Roma.
Non è ancora spenta l’eco dei discorsi ufficiali del 20 settembre scorso, quando si è detto che la celebrazione unitaria del centenario voleva essere il superamento di ogni steccato fra italiani, la fine di ogni guerra di religione. Ed ecco, invece, che una nuova breccia - altro che quella di Porta Pia! - una breccia insanabile nell’istituto vitale della famiglia è stata aperta col divorzio: una nuova guerra di religione è stata dichiarata dai divorzisti, che non potrà trovare mai una seconda conciliazione!
E, colmo di umiliazione per noi cattolici, tutto ciò accade con dei cattolici al governo, anzi con dei cattolici diventati, da almeno venticinque anni, il perno insostituibile della vita politica democratica in Italia!
Bisogna onestamente dare atto ai nostri parlamentari che essi hanno parlato con scienza e coscienza encomiabili, a favore dell’indissolubilità del matrimonio. Ma una cosa rimane inspiegata, come mai essi, nonostante le molteplici occasioni offertesi in questi ultimi quattro anni, non abbiano adoperato l’unico mezzo veramente efficace, e onestissimo, per sbarrare il passo al divorzio: quello, cioè, di far sapere alla nazione, perché se ne traessero tutte le conseguenze, che i cattolici non sono disponibili, non possono essere disponibili per il governo della cosa pubblica quando gli eventuali compagni di viaggio domandano leggi che la loro coscienza ritiene dannose per il popolo e contrastanti coi principi morali e religiosi in cui essi credono.
Il peso di 13 milioni di elettori, che li hanno mandati in Parlamento proprio per la tutela di quei principi, doveva essere fatto valere nella sua giusta misura: anche e soprattutto in quelle circostanze, senza complessi di inferiorità e senza falsi timori di eventuali accuse di illiberalismo. La libertà dei divorzisti si sarebbe ben salvaguardata col mettere loro in mano lo strumento giuridico del referendum [vedi nota 1 a piè di pagina], mediante il quale essi, i divorzisti, se proprio ci tenevano al divorzio, avrebbero potuto interpellare il popolo sull’abolizione dell’articolo 149 del Codice Civile Italiano, statuente la indissolubilità del matrimonio (3).
Invece, malauguratamente, le parti si sono invertite. Tutte le condizioni degli altri sono state accolte nella formazione dei vari governi: solo i cattolici non hanno posta e difesa la unica condizione che era ed è la ragione stessa del loro esistere di parlamentari cattolici. Perché non l’hanno fatto? Questo è l’interrogativo che nella sconfitta aggiunge amarezza all’amarezza. Il Signore non ci domanda di vincere, ma di combattere per la sua causa. Ma quando si soccombe anche solo col dubbio di aver trascurato pur uno dei mezzi onesti e utili, allora è il momento di fare il proprio esame di coscienza.
A un re francese del secolo XVI si attribuisce la frase: "Parigi val bene una Messa" (4). Speriamo che nel caso nostro risulti infondato il dubbio che i cattolici abbiano detto, a fatti se non a parole: "Un governo val bene il divorzio!". Certo si è che fu escogitato l’espediente di distinguere tra un governo il quale, nonostante la maggioranza in esso dei cattolici, si dichiara neutrale su un argomento di tanta importanza come il divorzio, e una ibrida maggioranza parlamentare, antigovernativa per i 2/3 e governativa per l’altro terzo, che viene lasciata libera di adottare il divorzio e di violare il Concordato e poi, sul piano diplomatico, dal medesimo governo sedicente neutrale viene difesa e assolta per non aver commesso il fatto della violazione del Concordato! Un simile espediente non può tranquillizzare nessuno, perché esso rassomiglia troppo da vicino a quello di Ponzio Pilato, il pavido uomo politico che sacrificò l’innocente Gesù alla sua poltrona di governatore romano.
Con vero rammarico bisogna prendere atto che in molti cattolici italiani, dopo tale vicenda, anche se non soltanto a causa di essa, rimane gravemente scossa la fiducia nella capacità e volontà dei loro uomini politici di affermare i principi del Vangelo nella società, usando di tutti i mezzi onesti e possibili offerti dal regime democratico. Vedono con sgomento, questi cattolici, nella vicenda del divorzio il primo di una serie di altri possibili cedimenti, che il laicismo e la massoneria annunziano già come nuovi traguardi ... di civiltà e di progresso: legalizzazione dell’aborto, denuncia del Concordato, abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole, sfratto dell’immagine del Crocifisso dalle aule, dai tribunali, dai pubblici uffici.
 
3. IL VESCOVO
Come vescovo, ora che il fattaccio è purtroppo successo, devo tenere ai cattolici diocesani un discorso molto semplice:
a) Auspico e caldeggio l’iniziativa democratica dell’uso del referendum, che valga a far conoscere la vera volontà del popolo italiano circa il gravissimo problema del divorzio. Ormai questa è l’unica via legale capace di bloccare l’infausta legge, sia pure a distanza di un anno. Ogni cattolico, pertanto, si farà un onore e un dovere di collaborare alla veloce riuscita dell’iniziativa. Anche coloro che, forse senza saperlo e volerlo, hanno favorito l’introduzione del divorzio in Italia votando per i partiti divorzisti, avranno l’occasione di riparare, in qualche modo, il male da essi già compiuto.
b) Nessun cattolico potrà mai in coscienza utilizzare la legge del divorzio per far sciogliere dalle autorità civili il proprio matrimonio religioso: neppure il coniuge incolpevole, tanto meno poi il coniuge colpevole, cui la nuova legge concede, in pratica, il ripudio della comparte innocente. "Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini" (5), leggiamo nella Sacra Scrittura; e noi sappiamo bene che cosa comanda Dio circa l’indissolubilità del matrimonio. In ogni caso ci si ricorderà che Dio giudica le coscienze non in base alla legge civile italiana, ma in base alla legge incorruttibile del Vangelo.
Il solo matrimonio valido tra cattolici è, e rimane anche dopo la legge divorzista, quello indissolubile celebrato di fronte alla Chiesa. Ogni altra unione, anche se consentita dalla legge civile, per la Chiesa non è né valida né lecita: sarebbe concubinato o adulterio. E quei cattolici i quali realizzassero tali unioni, si metterebbero essi stessi nella situazione di pubblici peccatori e, fino a che vi permangono, la Chiesa si vedrebbe costretta ad escluderli dai sacramenti e da altri riti sacri.
c) I fidanzati che domandano alla Chiesa il sacramento del matrimonio dovranno istruirsi, per riceverlo con maggiore serietà e consapevolezza: a tale scopo saranno aperti in diocesi degli appositi corsi di preparazione al matrimonio, con frequenza obbligatoria.
Comunque, prima della celebrazione del matrimonio religioso, mediante una dichiarazione scritta, i nubendi dovranno espressamente escludere qualsiasi intenzione di voler in seguito usufruire della legge civile del divorzio. Una simile intenzione, infatti, invaliderebbe fin dall’inizio il sacramento, perché contraria a una delle proprietà essenziali del matrimonio.
Cari fedeli, la presenza di una legge civile divorzista costituirà da ora in poi una continua tentazione, un continuo invito al male per i cristiani d’Italia. Non ce n’era davvero bisogno; è già tanta la debolezza congenita dell’uomo; sono già tante oggi le occasioni peccaminose che gli rendono difficile la vita morale e religiosa. Ormai, soltanto in fede cosciente, illuminata e vissuta coerentemente, il cristiano potrà attingere la forza per superare la tentazione.
È ciò che chiediamo, con umiltà e fiducia, alla misericordia del Signore, anche per l’intercessione della vergine martire che festeggiamo!
 
Luigi M. Carli, vescovo di Segni
Colleferro, 4 dicembre 1970.
 
Note:
(1) DANTE, La divina commedia, Inferno, 5, 102.
(2) MC. 10, 9, 11-12; Mt. 19, 6, 9.
(3) Codice Civile Italiano, art. 149. comma 1: "Il matrimonio non si scioglie che con la morte di uno dei coniugi".
(4) "Paris vaut bien une messe": frase attribuita a Enrico IV.

(5) Atti 5, 29.


[nota 1: il referendum poi ci fu, nel 1974.]

mercoledì 23 luglio 2014

Perché non usiamo metodi contraccettivi

Il tema della contraccezione femminile. Pillole, spirali, diaframmi, cerotti, anelli... quante forme esistono per strappare alla donna la sua femminilità? Ecco, tradotto da un sito americano e integrato con le foto di un'altra pagina, come la pensano alcune donne (e siamo certi, sono solo la punta dell'iceberg).


Ieri il popolare sito web Buzzfeed ha intervistato 22 dipendenti di sesso femminile, nel tentativo di evidenziare i motivi per cui le donne utilizzano contraccettivi. L'articolo non affronta particolari forme di controllo delle nascite, né tratta eventuali problemi connessi con l'uso di contraccettivi. Altri articoli che circolano sui social media avevano frammenti di ragioni che le donne utilizzano il controllo delle nascite. Uno dei pochi articoli che mettono in discussione la sicurezza del controllo delle nascite che ho visto negli ultimi giorni è del settembre scorso per quanto riguarda 14 cose che l'autore spera che ogni donna sappia circa la contraccezione. Voglio precisare che l'articolo è da un punto di vista laico, non cattolico, e non tollera l'uso di anticoncezionali "se una donna educa se stessa e fa quella scelta."


Come cattolici, dobbiamo sapere e capire che ogni forma di contraccezione è contro la nostra dottrina della fede. E non solo interferisce con l'essere aperto alla vita, ma anche con la nostra apertura al nostro coniuge e al Signore. Ricordiamo che l'articolo 15 della Humanae Vitae dichiara che una donna può utilizzare il controllo artificiale delle nascite per il controllo delle malattie fisiche, il che non vuol dire che intende implicitamente usarli come modi per prevenire la procreazione. Ci sono molti modi per superare molti dei problemi che il controllo artificiale delle nascite si propone di "fissare". Ti invitiamo a indagare su tali opzioni. Ironia della sorte, la maggior parte tutti questi articoli "pro contraccettivi" sono stati scritti in risposta alla sentenza della Corte Suprema nel caso Hobby Lobby, e la maggior parte di loro tanto per cominciare risolve dicendo che il controllo delle nascite non è mai stato incluso nella sentenza. Molti di noi hanno deciso di scrivere una risposta a questi articoli, condividendo alcuni dei rischi per la salute associati con l'uso di contraccettivi, nonché altre ragioni per le quali scegliamo di non usarli. Siamo consapevoli che queste sono le nostre credenze cattoliche e noi non vogliamo obbligare gli altri a seguire ciò in cui crediamo. Vogliamo soltanto far sapere agli altri perché non usiamo contraccettivi. 

Non usiamo il controllo delle nascite perché...

"Perché la mia fertilità non è una malattia..."
 
"Perché osservare e mappare la mia fertilità è potenziarla!"
"Perché la mia fertilità non dovrebbe essere trattata come una malattia e quindi curata."
"Per le stesse ragioni per le quali non mi espongo a formaldeide, amianto, arsenico, radon, fosforo e altre cose del genere .... perché sono cancerogeni e velenosi".

"Perché abbassa il desiderio sessuale. E provoca aumento di peso. E mi piace avere un desiderio sessuale. "

"Perché non ho bisogno di spegnere la mia femminilità per essere una femminista."

"Perché morire a causa di un coagulo di sangue, ictus o infarto non sono scelte che si dovrebbero prendere. Né lo sono l'atrofia uterina e la probabilità di sterilità permanente ".
     "perché la mia sessualità non è limitata alla mia vita sessuale"




"Perché è inutile spendere tempo e denaro per il biologico, il non-OGM e gli alimenti senza ormoni per poi invece riempire il mio corpo con contraccettivi ormonali".

"Perché i medici a favore della vita possono diagnosticare problemi di salute come la sindrome dell'ovaio policistico e l'endometriosi controllando il mio ciclo... e poi guarirmi. "
"Perché mi merito cure e salute, non solo un cerotto."

"Perché la mia fertilità è il mio superpotere".

    "Fin dai tempi della schiavitù, il corpo delle donne nere è stato regolato e controllato. Io scelgo i metodi naturali, io scelgo la libertà."

"Perché bombardare regolarmente il mio corpo con ormoni in più renderebbe molto più difficile l'essere una persona ragionevole, riflessiva e logica".

"Perché io davvero non credo che sia salutare per il mio corpo pensare di essere perennemente in stato interessante."
"Perché la gratificazione immediata e senza conseguenze non è il bene supremo."

"Perché avere una famiglia è sulla mia lista. E infinitamente più divertente e gratificante di qualsiasi altra cosa. "
"Perché se non volessi avere un bambino, semplicemente non farei l'amore".

"Perché io amo il mio corpo, amo essere parte nella creazione di Dio e amo Dio!"

"Perché mi piace sistemare le cose, non mascherare i sintomi."

"Perché non riesco a immaginare uno dei miei figli non esistente".

"Perché non voglio abortire nessuno dei miei bambini, anche se ha solo pochi giorni."

"Perché i metodi naturali fanno bene al mio corpo invece di ignorare le potenziali minacce per la mia salute che hanno i contraccettivi".

"Perché accetto il mio corpo così com'è."

"Poiché la fertilità non è una patologia."

"Perché io sono responsabile e prendo decisioni consapevoli accettando le conseguenze di ogni azione che faccio."

"Perché ci piace il nostro sesso ecologico."

"Perché non ho bisogno di nulla per controllarmi, posso controllare me stessa."

"Perché mi piace la mia acqua senza estrogeni di altre persone dentro."

"Perché perpetua l'oggettivazione delle donne come oggetti sessuali senza valore, costantemente a disposizione degli uomini nella nostra cultura del tutto e subito".

"Perché il pensiero di un periodo di assenza di ciclo è molto più spaventoso per me di sanguinamento per 5-7 giorni ogni mese."

"Perché amo i primi piccoli svolazzamenti di un bambino che cresce dentro di me."

"Perché un bambino nella pancia della mamma rende i miei figli più grandi così felici."

"Perché amo i bambini!"

"Perché è contro la mia religione."

"Perché voglio che mio marito effettivamente sia coinvolto nella nostra decisione di avere rapporti sessuali e so che non sto portando il peso da sola e che lui non mi sta solo usando per il sesso."

"Perché la prima cosa che l'oncologo di mia madre le ha chiesto quando le fu diagnosticato il cancro al seno fu:"Prendeva la pillola? "
"Perché è assurdo lamentarsi delle grandi aziende farmaceutiche e degli ormoni nella vostra carne e poi pomparsi di sostanze chimiche da prendere da soli fuori dal proprio patrimonio genetico, solo perché ti hanno detto che avresti avuto meno crampi."

"A causa delle statistiche dei tassi di divorzio NFP (meno del 2%)."

"Perché essere fertile non è una condizione che ha bisogno di essere curata."

"Perché i fratelli sono un dono."

"Perché non voglio che i miei figli pensino mai che io non li voglio".
"perché sono aperta alla vita"

"Perché amo la spontaneità, l'emozione e la gioia che la mia famiglia porta a me ogni giorno ..... qualcosa che non ho mai avuto senza di loro."

"Perché niente al mondo profuma più della testa di un bambino."

"Perché il sesso non è un diritto, è un dono."

"Perché la pillola anticoncezionale è cancerogena!"
"perché avere una famiglia numerosa non è sempre un male..."

"Perché mio marito mi ama e rispetta e venera la mia fertilità."

"Perché amo il modo in cui mio marito mette la sua mano sulla mia pancia incinta."

"Perché è la prima "medicina" del suo genere ad essere prescritta per risolvere un normale funzionamento del corpo umano."

"Perché nessuno dovrebbe controllare la mia salute riproduttiva, tranne me."

«Perché se io non sono davvero pronta per un bambino, allora io non voglio usare qualcosa che potrebbe non funzionare al 100%."
"Perché la vita è una bella cosa. Sempre. "
Ringraziamo ognuno di voi per i vostri commenti e feedback. Questo post è stato creato per riflettere sull'articolo della Humanae Vitae 15 per quanto riguarda l'uso del controllo artificiale delle nascite per scopi medici. Dobbiamo sottolineare però che mentre si utilizzano i contraccettivi per i veri problemi medici (e questi sono limitati in natura), non si devono mai utilizzare con scopo contraccettivo, ma solo per trattare il bisogno medico. Nella fede cattolica l'uso della contraccezione artificiale non è consentito per impedire la vita. Ti invitiamo a ricercare e leggere ciò che la Chiesa insegna realmente in merito a tale questione. Questa legge si applica ai cattolici e sappiamo che non chiunque sta leggendo qui è cattolico. Noi non vogliamo imporre le nostre convinzioni, però, come sito cattolico che siede pienamente in linea con il Magistero, vorremo sempre promuovere la Verità e le vie della fede cattolica.