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lunedì 7 ottobre 2013

Il Matrimonio (Papa Francesco ad Assisi)


Sì, perché è proprio vero, ci vuole coraggio per formare una famiglia! Ci vuole coraggio! E la domanda di voi, giovani sposi, si collega a quella sulla vocazione. Che cos’è il matrimonio? E’ una vera e propria vocazione, come lo sono il sacerdozio e la vita religiosa. Due cristiani che si sposano hanno riconosciuto nella loro storia di amore la chiamata del Signore, la vocazione a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita. E il Sacramento del matrimonio avvolge questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso. Con questo dono, con la certezza di questa chiamata, si può partire sicuri, non si ha paura di nulla, si può affrontare tutto, insieme!
Pensiamo ai nostri genitori, ai nostri nonni o bisnonni: si sono sposati in condizioni molto più povere delle nostre, alcuni in tempo di guerra, o di dopoguerra; alcuni sono emigrati, come i miei genitori. Dove trovavano la forza? La trovavano nella certezza che il Signore era con loro, che la famiglia è benedetta da Dio col Sacramento del matrimonio, e che benedetta è la missione di mettere al mondo i figli e di educarli. Con queste certezze hanno superato anche le prove più dure. Erano certezze semplici, ma vere, formavano delle colonne che sostenevano il loro amore. Non è stata facile, la vita loro; c’erano problemi, tanti problemi. Ma queste certezze semplici li aiutavano ad andare avanti. E sono riusciti a fare una bella famiglia, a dare vita, a fare crescere i figli.
Cari amici, ci vuole questa base morale e spirituale per costruire bene, in modo solido! Oggi, questa base non è più garantita dalle famiglie e dalla tradizione sociale. Anzi, la società in cui voi siete nati privilegia i diritti individuali piuttosto che la famiglia - questi diritti individuali -, privilegia le relazioni che durano finché non sorgono difficoltà, e per questo a volte parla di rapporto di coppia, di famiglia e di matrimonio in modo superficiale ed equivoco. Basterebbe guardare certi programmi televisivi e si vedono questi valori! Quante volte i parroci – anch’io, alcune volte l’ho sentito – sentono una coppia che viene a sposarsi: “Ma voi sapete che il matrimonio è per tutta la vita?”. “Ah, noi ci amiamo tanto, ma… rimarremo insieme finché dura l’amore. Quando finisce, uno da una parte e l’altro dall’altra”. E’ l’egoismo: quando io non sento, taglio il matrimonio e mi dimentico di quell’“una sola carne”, che non può dividersi. E’ rischioso sposarsi: è rischioso! E’ quell’egoismo che ci minaccia, perché dentro di noi tutti abbiamo la possibilità di una doppia personalità: quella che dice: “Io, libero, io voglio questo…”, e l’altra che dice: “Io, me, mi, con me, per me …”. L’egoismo sempre, che torna e non sa aprirsi agli altri. L’altra difficoltà è questa cultura del provvisorio: sembra che niente sia definitivo. Tutto è provvisorio. Come ho detto prima: mah, l’amore, finché dura. Una volta ho sentito un seminarista – bravo – che diceva: “Io voglio diventare prete, ma per dieci anni. Dopo ci ripenso”. E’ la cultura del provvisorio, e Gesù non ci ha salvato provvisoriamente: ci ha salvati definitivamente!
Ma lo Spirito Santo suscita sempre risposte nuove alle nuove esigenze! E così si sono moltiplicati nella Chiesa i cammini per fidanzati, i corsi di preparazione al Matrimonio, i gruppi di giovani coppie nelle parrocchie, i movimenti familiari… Sono una ricchezza immensa! Sono punti di riferimento per tutti: giovani in ricerca, coppie in crisi, genitori in difficoltà con i figli e viceversa. Ci aiutano tutti! E poi ci sono le diverse forme di accoglienza: l’affido, l’adozione, le case-famiglia di vari tipi… La fantasia – mi permetto la parola – la fantasia dello Spirito Santo è infinita, ma è anche molto concreta! Allora vorrei dirvi di non avere paura di fare passi definitivi: non avere paura di farli. Quante volte ho sentito mamme che mi dicono: “Ma, Padre, io ho un figlio di 30 anni e non si sposa: non so cosa fare! Ha una bella fidanzata, ma non si decide”. Ma, signora, non gli stiri più le camicie! E’ così! Non avere paura di fare passi definitivi, come quello del matrimonio: approfondite il vostro amore, rispettandone i tempi e le espressioni, pregate, preparatevi bene, ma poi abbiate fiducia che il Signore non vi lascia soli! Fatelo entrare nella vostra casa come uno di famiglia, Lui vi sosterrà sempre.
(Papa Francesco)

martedì 1 ottobre 2013

Sabato, Domenica, Lunedì_ Eduardo De Filippo

Rosa :
E perciò me si’ piaciuto. Te pare che con quello che c’è stato fra noi: sacrifici amarezze e lotte da quando ci siamo conosciuti, e tre figli…alla vecchiaia io uscivo pazza e me mettevo c’o ragioniere.-

Peppino :
Ma questo lo abbiamo assodato, è stata una mia supposizione.

Rosa:
Però l’hai supposto, e questo è brutto. Non ti permettere più di pensare una cosa simile.
Io ho conosciuto un solo uomo e si’tu. Non sono stata mai una bella donna da portare gli uomini innamorati appresso, nemmeno quando ero giovane, figuriamoci adesso che me so’ fatta vecchia e so’ridotta ossa e pelle. Tu vuoi sapere perché mi sono cambiata nei tuoi confronti, e non ti ho preparato più la camicia pulita, i pedalini, ‘o fazzoletto…T’è dispiaciuto? E io si te vulevo fa’ nu piacere te ne preparavo due, una per la mattina e un’altra per il giorno appresso.
Capisco benissimo che quando la moglie prepara la camicia pulita la marito è come continuasse a dire senza parlare “La biancheria tua la devo toccare io sola, e tu la fai toccare solo a me pecchè me
vuo’ bene come te voglio bene io”. Ma non te l’ho preparata più per dispetto. E se tu mi domandi perché, io non ti posso rispondere, la ragione può essere insignificante e importante.
Non sono bella, non sono giovane, ma so’ femmena pur’io. Io ti posso dire solamente che non ti ho più preparato la camicia per la stessa ragione che te la preparavo prima:
Perché te voglio bene, Peppi’.

Peppino :
E dici che non sei bella? Tu non sai che sono diventati gli occhi tuoi quando hai
detto “Te voglio bene”. E perché non dovrei essere geloso? E se un altro ti vede come ti vedo io? Io ti guardavo negli occhi mentre parlavi e mi sono ricordato di quando sul Municipio mi
guardasti prima di dire “Sì”.